Premessa
Nonostante il titolo altisonante, quello che trovate qui è il tentativo – non so quanto riuscito – di “scomporre” il film di Bong Joon-ho alla luce di due letture consecutive della versione italiana dell’interessante libro di Christopher Vogler “The Writer’s Journey“. Il titolo in Italia è stato irresponsabilmente modificato in “Il Viaggio dell’Eroe”, confondendo così un pur buon manuale per sceneggiatori cinematografici con lo straordinario testo di Joseph Campbell dallo stesso titolo, spingendo probabilmente i lettori a scomodi paragoni tra i due lavori.
La cosa è andata così: avevo letto una prima volta il testo di Vogler, lo avevo trovato contemporaneamente illuminante e pericoloso – si fa per dire – per una fruizione ludica e spensierata di qualsiasi cosa contenesse una componente narrativa popolare (se non conoscete gli argomenti trattati da Campbell prima e, in una visione molto più pratica, da Vogler poi, potete farvene un’idea qui). Nella speranza di fissare alcuni dei concetti per me rivoluzionari appena incontrati, mi imbarcavo subito in una seconda lettura.
Riassumendo molto mooooolto brevemente, Vogler identifica un certo numero di momenti ricorrenti nel cosiddetto monomito del Viaggio dell’Eroe:
- Descrizione del Mondo Ordinario
- Chiamata all’avventura
- Rifiuto della chiamata
- Incontro con il Mentore
- Superamento della prima Soglia
- Prove, alleati e nemici
- Verso la caverna più profonda
- La prova centrale
- La ricompensa
- La via del ritorno
- La resurrezione
- Il ritorno con l’Elisir
Questi momenti rappresentano uno schema ricorrente in cui la sequenza, specie per i momenti fondamentali del Viaggio, è praticamente immutabile. Possono esserci spostamenti di poche posizioni e/o sovrapposizioni dei momenti, ma la struttura rimane quella, inossidabile.
In questa struttura narrativa ricorrente, si muovono una serie di personaggi che rispondono a pochi potenti archetipi, la cui funzione è quella di istruire, mettere alla prova e piegare l’Eroe. Gli archetipi non sono necessariamente assunti in maniera esclusiva dai personaggi, ma possono essere “indossati” come maschere a seconda delle esigenze narrative. Gli archetipi sono:
- L’Eroe
- Il Mentore
- Il Guardiano della Soglia
- Il Messaggero
- Lo Shapeshifter
- L’Ombra
- Il Trickster
A rilettura terminata, incappo casualmente in “Snowpiercer“, mentre cercavo film di fantascienza che mi fossero sfuggiti. Di questo mi sembrava di non averne addirittura mai sentito parlare. Vedo un trailer su Youtube, mi sembra interessante, decido di vederlo.
Ogni cosa (nel film) è illuminata
Sarà che le informazioni contenute nel piccolo manuale di Vogler sono ancora fresche nei miei pensieri, ma il film sembra recitare a gran voce le fasi del Viaggio e a chiamar per nome gli Archetipi: le inquadrature, i sottotesti dei dialoghi, le funzioni e le relazioni dei personaggi, tutto sembra acquistare un signifcato che solitamente, guardando un film, non colgo (sono decisamente lo spettatore dei sogni di ogni produttore cinematografico, mi stupisco per ogni sciocchezza). Man mano che la visione prosegue, il mio pigro cervello riconosce collegamenti con scene e dialoghi passati. A film concluso, decido di non farmi scappare l’opportunità di testare le informazioni contenute ne “Il Viaggio dell’Eroe” e cerco di appuntarmi tutto quello che mi è parso di aver interpretato durante la visione. Potrei tranquillamente aver frainteso qualsiasi cosa, intendiamoci…
Ho raccolto e commentato una lunga serie di inquadrature, quelle che seguono. Se anche voi siete parte di quel manipolo di ossessionati dalle strutture narrative, ai vostri occhi questo esercizio non dovrebbe rappresentare qualcosa di poco salutare. È probabile che abbiate già fatto qualcosa del genere o vi siate chiesti se non fosse il caso almeno di provarci.
Due parole su “Snowpiercer”
ATTENZIONE! DA QUESTO PUNTO IN POI, SPOILER SENZA PIETA’. Se non avete visto il film e avete anche una pur vaga intenzione di farlo, abbandonate la lettura. Quanto scritto qui spoglia completamente il film di tutta la suspense, l’intreccio, i segreti dei personaggi, i colpi di scena, tutto – o quasi. Lettore avvisato, mezzo salvato.
“Snowpiercer” (2013) è un film di fantascienza post apocalittica diretto da Bong Joon-ho che racconta le vicende di una comunità umana chiusa all’interno di un grosso treno che gira incessantemente intorno all’Eurasia, senza dover fare rifornimenti di nessun tipo, né carburante, né cibo. La comunità è scampata ad una improvvisa glaciazione innescata artificialmente dagli esseri umani per mitigare un riscaldamento globale ormai fuori controllo. Purtroppo il calo della temperatura è eccessivamente repentino e di intensità tale da togliere la vita a quasi tutte le creature presenti sul pianeta. Si salvano solo poche centinaia di persone, i passeggeri del treno Snowpiercer (“Perfora-neve” o, per gli italici amanti dei biscotti – o dei fiori, che è meglio -, “Bucaneve”), che da quel momento inizia un viaggo senza sosta attraverso un’Eurasia coperta da una coltre di neve e ghiaccio, perforata, appunto, dal lungo treno. Non passa molto tempo prima che i passeggeri progressivamente si ritrovino a riprodurre in scala ridotta una qualsiasi struttura sociale occidentale dei giorni nostri, con figure che detengono il potere, classi privilegiate, forze militari al servizio del più forte, una piccola borghesia sempre sull’orlo del baratro e una massa di reietti senza futuro che sopravvive nelle carrozze di coda del treno. Le cose sembrano dover procedere allo stesso modo per sempre, se non fosse che tra gli sfortunati c’è qualcuno che non ha più intenzione di rimanere a guardare.
Snowpiercer
Nel tentativo disperato di bloccare il riscaldamento globale, nel 2014 viene immessa nell’atmosfera una sostanza, il CW7, che dovrebbe contribuire ad un notevole calo della temperatura. Il CW7 reagisce però in maniera imprevista: congela rapidamente il pianeta ed estingue la vita nel giro di ore. I pochi sopravvissuti scampati alla refrigerazione istantanea passano la loro vita su un treno inarrestabile che fa costantemente il giro dell’Eurasia. Nota: nel film non viene spiegato il significato della sigla
Inizia il film e veniamo introdotti al Mondo Ordinario in cui si muove l’Eroe. Ecco uno dei biglietti rossi provenienti dalle sezioni di testa del treno, ricevuti nel cibo (nota: Wilford mostrerà una vestaglia dello stesso colore rosso) dai passeggeri della coda del treno. Alcuni di essi stanno organizzando una rivolta: le condizioni di vita nella coda del treno sono pessime e non è possibile sopportare oltre.
Questo è Gilliam, l’anziano saggio che ha sacrificato parti di sé come cibo per i passeggeri della coda. Sullo sfondo, dietro il logo con la W, il telefono che collega direttamente a Wilford (nota: scopriremo il collegamento diretto solo alla fine). Gilliam impersona l’archetipo del Mentore.
Sul biglietto rosso appena trovato nel cibo c’è il nome dell’esperto di sicurezza, al momento in detenzione, di cui hanno bisogno i reietti di coda. E’ un elemento importante che permetterà l’attuazione della rivolta a cui sta lavorando Curtis. Corrisponde un po’ alla liberazione di un Genio (nel senso fiabesco del termine), che dimostrerà riconoscenza al liberatore mettendo a sua disposizione le sue abilità e le sue armi o doni magici.
Curtis (a destra) parla di Edgar e lascia cadere là un “Io non sono quello che crede”, riferendosi ad Edgar (anticipazione sul suo passato). Curtis è l’Eroe.
“Fino alla testa del treno?” Gilliam sembra preoccupato dalle aspirazioni di Curtis.
La statua di Gesù a sinistra del vecchio ha un braccio solo, come Gilliam. Allusione al sacrificio necessario a cui si è sottoposto Gilliam per il bene della comunità del treno. Equiparazione dei due nelle loro vesti di messia al servizio del loro popolo.
Edgar è convinto che Curtis sarà un giorno scelto per guidare il treno, con o senza rivolta (lo riconosce come il predestinato). Curtis non è convito di essere un leader (la mancanza di fiducia in se stesso e nelle sue capacità potrebbe essere un anticipo del Rifiuto della Chiamata all’avventura).
Curtis chiede ad Edgar: “Quali sono i tuoi primi ricordi?”. Curtis è tormentato dal ricordo di aver cercato di mangiare Edgar per fame, nei primi tempi del viaggio.
Claude, la donna in giallo (vicario di Wilford) misura i bambini che preleverà (perché devono essere della taglia giusta per il compito che li aspetta nella locomotiva). Il colore del suo cappotto, oltre a sottolineare la sua appartenenza ad una élite (a cui sono vengono solitamente attribuiti comportamenti e scelte stravaganti) può sottolineare o dissimulare la pericolosità di chi lo indossa. I colori, in questo caso, indicano anche una condizione di vita privilegiata: pulizia, benessere, parvenza di normalità. I passeggeri della coda sono sporchi e i loro abiti sono di colore scuro e neutro. Claude è un Messaggero del cambiamento e dà un assaggio di quello che si dimostrerà essere il Mondo Straordinario che dovrà affrontare l’Eroe.
Il Ministro Mason. Anche lei sfoggia un abito dal colore deciso e, segno ulteriore di ricchezza, una pelliccia. Anche Mason è un Messaggero del cambiamento.
“sul treno della vita tutti devono occupare il posto che gli è stato assegnato” dice Mason. Si anticipa in realtà il concetto di ecosistema che ribadirà Wilford nel finale.
“tutto passa attraverso la locomotiva, l’acqua, il calore…” continua Mason: è da lì, dalla locomotiva, che si decide della vita e della morte dei passeggeri. Naturalmente nei primi minuti vengono disseminati gli indizi che ci permetteranno di comprendere le azioni compiute nel corso del film.
Mason: “tutto occupa una PARTICOLARE posizione”, quindi non una qualunque o intercambiabile, ma “particolare”, e fa il gesto che fa il piccolo Timmy quando estrae le scorie nel motore della locomotiva (ancora un’anticipazione di quanto avverrà o scopriremo più in là).
“Ministro, dica a Wilford che voglio parlargli” è un indizio del fatto i due sono realmente in contatto e che il ministro Mason ne è al corrente. Curtis è lì vicino ma non coglie l’informazione.
Nam, l’esperto in sicurezza liberato dalla detenzione, ha sigarette e fiammiferi, che torneranno utili due volte (custodisce quindi un Dono magico). Nam si droga, non ama la realtà del treno e non vuole percepirla. In realtà il fatto che cerchi continuamente di ottenere la droga disponibile sul treno, il Kronol, nasconde l’uso che se ne può fare: derivato da sostanze altamente infiammabili, in una certa quantità funge da esplosivo. Rappresenta quindi un ennesimo Dono magico.
Yona, figlia di Nam, anche lei liberata dalla detenzione, guarda verso la paratìa scorrevole e dice “non c’è nessuno”, percependo ciò che accade oltre. La ragazza manifesta il suo dono di veggente, Curtis se ne accorge. È un altro Dono magico.
Giunti nella Fabbrica del cibo, i nostri trovano un nuovo messaggio su bigliettino rosso, dice “Water”. In realtà è un messaggio per Gilliam, indica dove deve fermarsi la rivolta: al vagone da cui si controlla la distribuzione dell’acqua (lo rivelerà Wilford nel finale).
“Non serve arrivare alla testa del treno, basta controllare l’acqua per negoziare” dice Gilliam, cercando di far passare questa informazione come obiettivo sufficiente ai rivoltosi per ottenere qualcosa da Wilford.
La prima battaglia al buio segna l’ingresso nel Mondo Straordinario. “Chen, ci serve il fuoco!”: i combattimenti con il nemico volgono al peggio, Curtis invoca il Dono magico per sbloccare la situazione.
Nel combattimento, gli uomini di Wilford catturano Edgar. Curtis sacrifica edgar pur di trattenere come ostaggio Mason. È un passaggio di assunzione di responsabilità da parte di Curtis, con perdita degli affetti a sottolineare il costo di determinate decisioni, necessarie ma dolorose. Rappresenta il Punto di non ritorno del Viaggio dell’Eroe, superato il quale l’unica strada possibile è quella che porta allo scontro con il Cattivo.
A fine battaglia, Curtis si toglie il berretto. Lo ha tenuto ininterrottamente fin a questo punto della storia. Ha preso decisioni importanti e dolorose ed ora è cosciente della propria determinazione. Non ha più bisogno di sentirsi protetto o nascondersi, ormai è un condottiero a tutti gli effetti e mostra apertamente il suo volto e il lato “militare” del suo aspetto, i capelli cortissimi.
Mason svela che l’acqua arriva dalla testa (quindi controllare il vagone dei serbatoi è inutile ai fini delle trattative), che Wilford conosce Curtis e che lei può aiutarli a raggiungere la testa del treno. Mason si toglie la dentiera in segno di sottomissione, mostrando difetto fisico, nell’ovvio tentativo di suscitare pietà in quello che in quel momento è il più forte, Curtis. Credo che Mason in questo frangente rappresenti l’archetipo dello Shapeshifter: da Vicario del Cattivo, si trasforma in ostaggio sottomesso e accondiscendente.
In un momento di pausa prima di procedere oltre con l’attraversamento del treno, Gilliam cerca di sondare le intenzioni di Curtis. “Sicuro che vuoi spingerti più avanti?” dice Gilliam a Curtis. Il Mentore Gilliam ci rivela la sua reale identità di Guardiano della Soglia fedele a Wilford e prova a dissuadere Curtis con sottili giri di parole dal procedere oltre con la rivolta. Curtis è convinto di quello che deve fare, Gilliam finge di essere d’accordo e decidono di superare “la Soglia della Caverna più profonda“.
Gilliam tenta l’ultima carta. Conosce bene Curtis e sa che il ragazzo ha ancora qualche dubbio sulle sue capacità di leader. “Come faccio a comandare, ho due braccia” dice Curtis, alludendo al fatto che Gilliam avesse dato prova di grande coraggio e spirito di sacrificio offrendo una parte di sé come cibo per la comunità, sacrificio che Curtis evidentemente non crede di poter affrontare.
Con un lungo giro di parole, Gilliam finisce per suggerire velatamente che dopo tutto rinunciare alla posizione di leader presenta dei vantaggi (ad esempio, la possibilità di avere rapporti con l’altro sesso). Ma Curtis reagisce in maniera contraria, mostrando risolutezza nel voler procedere. Gilliam capisce che Curtis non si fermerà, ma deve in qualche modo proteggere se stesso. Quindi, riferendosi a Wilford, dice a Curtis “non permettergli di parlare, tagliagli la lingua” apparentemente per non concedere a Wilford la possibilità di blandire e portare Curtis dalla sua parte, ma molto più probabilmente nella speranza di impedire a Wilford di rivelare la reale posizione di Gilliam, un collaborazionista al suo servizio.
“È un problema di equilibrio” dice il ministro Mason, riferendosi all’acquario. La similitudine con l’ecosistema chiuso del treno è chiara, e come per l’acquario, Mason allude al fatto che anche la vita nel treno dipende da regole che vanno rispettate, e l’acquario “è un ecosistema, il numero di pesci è sotto controllo”. Siamo a metà film.
I nostri abbandonano la zona tecnica del treno e passano in quella abitata dall’élite. Siamo nella scuola, dove vengono accolti in maniera sorprendentemente tranquilla. Ovviamente sono attesi. Come a suggerire che chi manda i biglietti è colui che nutre i propri sudditi, anche il terzo biglietto che annuncia il tranello è sempre nel cibo (uova sode). Il particolare che il cibo sia il vettore dei messaggi potrebbe alludere alla posizione “divina” di Wilford, il quale decide vita (fornendo il cibo) e morte (gestendo la riduzione dei viaggiatori attraverso l’incoraggiamento di sommosse che giustifichino l’intervento violento) dei passeggeri, secondo un disegno divino, appunto, per il quale non deve dare spiegazioni. inoltre, Wilford accompagna con i suoi messaggi anche il viaggio di Curtis, facendolo partecipare consciamente ad una sequenza di eventi dolorosi in vista della possibilità che arrivi in fondo al treno, dove Wilford tenterà di far passare Curtis dalla sua parte, dopo che quest’ultimo ha effettuato un percorso “formativo” in cui è stato istruito su come gestire l’ecosistema del treno.
In un duello a distanza, nel momento in cui il lunghissimo treno affronta un’ampia curva e le estremità del treno si fronteggiano in virtù della forma del percorso ferroviario, curtis dimostra di non avere più paura e di essere pronto al sacrificio, evitando di mettersi al riparo durante lo scambio di colpi con l’avversario. È anche un’anticipazione della resa dei conti.
Man mano che si avvicinano alla locomotiva, le situazioni a cui assistono sono sempre più depravate. L’ultimo spazio prima della locomotiva è pieno di tossicodipendenti in evidenti atteggiamenti di lascivia e promiscuità sessuale. Essi rappresentano la classe depravata che dipende dal “sistema” e ne è la sua più strenua sostenitrice (un’altra possibile ipotesi è che costoro, consapevoli dell’impossibiltà di vivere liberamente la propria vita e avendo come unica alternativa l’altra estremità del treno, preferiscono annegare nella confuzione dei sensi per sopportare più facilmente una reclusione apparentemente dorata). In questo contesto, difendono Wilford e la locomotiva, che permettono il loro stile di vita in un certo senso privilegiato. In questo ambiente, Nam raccoglie molto kronol: lo userà come esplosivo.
Il viaggio è stato lungo, faticoso e pieno di episodi dolorosi. Dopo una collutazione da stress con Nam, Curtis racconta la sua vita sul treno e ne addossa la responsabilità a Wilford, eleggendolo ufficialmente come suo nemico personale. Lo scontro non è quindi soltanto tra un rappresentante dei più deboli (Curtis per i passeggeri di coda) e la personificazione del male (Wilford), è anche tra l’uomo Curtis e il suo fantasma individuale. Il momento della confessione e della focalizzazione degli obiettivi è noto come la Scena “intorno al fuoco” in cui si fa il punto della situazione, si ricorda perché si è giunti fin là e si ribadiscono motivazioni e aspettative. Ci si avvia verso il finale.
Nam suggerisce a Curtis di far esplodere il portello (per distruggere il treno o per raggiungere la cabina della locomotiva?) ma Curtis si rifiuta e tiene per sé l’ultimo fiammifero. Ricordiamo che il fiammifero rappresenta il Dono Magico e Curtis, in una sorta di pre-visione di quanto lo attende ancora, capisce che non ha ancora incontrato il Cattivo e che quel fiammifero potrebbe essere l’unico strumento per determinare una svolta nel corso degli eventi.
Dopo aver neutralizzato Nam, Claude (la donna che indossa il cappotto giallo all’inizio del film e che qui ritroviamo in vestaglia – allusione alla sua posizione di compagna sessuale di Wilford?) invita Curtis nella locomotiva. al cospetto dell’uomo alla guida del convoglio. Wilford tenta di “iniziare” Curtis, spiegando le sue azioni e perché Curtis dovrebbe fare lo stesso. È l’eletto – in realtà l’eletto dei reietti, ma Wilford tenta di traghettarlo dal suo lato, in parte per neutralizzare la sua missione, in parte per accaparrarsene capacità e servigi -, sarà il prossimo a guidare il treno e la responsabilità dell’ecosistema del treno sarà sua. Wilford svela a Curtis che Gilliam era un collaborazionista. La prova è la linea telefonica diretta con l’ultimo vagone dove viveva Gilliam. Questa è la Prova centrale, in cui l’Eroe combatte con il Cattivo (in questo caso la battaglia è psicologica), muore – fisicamente o simbolicamente – e rinasce, a compimento del percorso di trasformazione. In Snowpiercer la morte dell’Eroe è simbolica ed è rappresentata dalla perdita dell’innocenza: la realtà è più complessa di quanto lui creda, Gilliam era un traditore e tramava alle sue spalle e gli ideali sono roba da poveri illusi. Curtis è combattuto, forse ha ragione Wilford.
Intanto fuori dal treno i tossicodipendenti a guardia della locomotiva, privati della droga da Nam, sono infuriati (evidentemente va esaurendosi l’effetto del kronol) e vogliono linciare i colpevoli: Nam, ovviamente, Yona e Curtis. La situazione (gli emissari del Cattivo all’inseguimento dell’Eroe e i suoi alleati) corrisponde alla Via del ritorno, in cui i buoni cercano di tornare al Mondo Ordinario braccati dai cattivi. Solitamente segue la Prova centrale, nel caso di Snowpiercer vi si sovrappone per motivi logistici (sono senza via di uscita).
Yona avverte qualcosa nello spazio della locomotiva (ricordiamo che è veggente e veste i panni dell’Aiutante magico – dai grandi poteri, o doni magici al servizio dell’Eroe – presente in ogni fiaba che si rispetti) e, con l’aiuto di Curtis, scopre che Timmy lavora nel motore della locomotiva, sopperendo ad un malfunzionamento della macchina: estrae manualmente dei residui di funzionamento del motore. Ecco perché all’inizio del film Claude cerca dei bambini (devono essere piccoli per entrare nel motore) con un braccio di una certa lunghezza (per eseguire l’operazione). Curtis torna in sé e capisce che il sistema non funziona, bisogna impedire che si protragga oltre. Consegna a Yona l’ultimo fiammifero, il Dono magico che aveva tenuto per sé in una scena precedente. Questo è il momento migliore per farne l’unico uso possibile: provare a far saltare il treno. Intanto salva Timmy, usando il suo braccio per bloccare il movimento di un grosso ingranaggio che gli impedisce di raggiungere ed aiutare ad uscire Timmy dal motore. Curtis perde il braccio, giungendo finalmente a somigliare a Gilliam, la sua figura di riferimento fino a poco prima, che aveva dimostrato il suo eroismo con il sacrificio, appunto, di un braccio.
Gli eventi fondamentali del film sono qui. Da amante del cinema, vi risparmio almeno il finale, nel caso non abbiate resistito a scorrere le immagini e leggerne i testi a commento, e vogliate comunque vedere Snowpiercer nella sua interezza.